di SILVIA RINALDI e FRANCESCO BRANCACCIO - Un Ponchielli strapieno di giovani, ma anche di coloro che con i giovani hanno a che fare: genitori, docenti, educatori...Una serata dedicata all'adolescenza e alla difficoltà di questa età verde e turbolenta

“Se urlo, qualcuno mi potrebbe sentire?”. Il grido di un adolescente, perso, in cerca d’identità, di un posto nel mondo. Domande come questa sono state il filo conduttore della serata che si è svolta l’8 Maggio al teatro Ponchielli di Cremona e che ha avuto al centro i ragazzi, con le forme di disagio che possono caratterizzare il loro presente. Le urla, le grida disperate dei giovani, rappresentate con grande talento da intermezzi teatrali dello spettacolo “Altrove” della Compagnia dei Piccoli, hanno trovato un tentativo di risposta al “perché crescere può essere difficile” negli interventi di quattro esperti che si sono succeduti parlando di ecoansia, identità di genere, corpo ferito e nuove dipendenze. Ad accompagnare in questo dialogo è stata la voce di Andrea Marchesi, presentatore di Radio Deejay, affiancata da quelle di alcuni giovani che hanno intervistato i vari ospiti.

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Impotenti, immersi nell’ansia di essere dentro a un mondo che sta andando a pezzi con “la paura di quando sei lanciato verso il baratro climatico con il piede schiacciato sull’acceleratore”: questa è l’ecoansia, tema centrale dell’intervento di Sara Segantin, scrittrice e divulgatrice scientifica, collaboratrice della trasmissione televisiva Geo&Geo. Solo in Italia 3 ragazzi su 5 soffrono di questa condizione che li fa sentire in un equilibrio precario, ma che se affrontata sotto un’altra ottica può essere invece il motore di cambiamento necessario. “Basta vedere un’alba sul mare, una volta stellata immersi nella natura per capire che abbiamo tanto da perdere, che in un mondo così precario ogni istante è prezioso. Uno stile di società diverso, per cui tanta gente sta lottando, è possibile: il futuro non è ancora scritto, ciò che fa la differenza siamo noi con la nostra volontà”.

Una società diversa è anche quella in cui i ragazzi chiedono aiuto, gli adulti li ascoltano e danno loro spazio di parlare, di tirar fuori aspetti reali del loro vero sé: questo è l’augurio che Alessandra Lupi, psicologa e psicoterapeuta, esperta in disagio adolescenziale, collaboratrice del Consultorio gratuito dell’associazione Minotauro di Milano, ha fatto a tutti i presenti per il futuro. In un mondo così narcisistico in cui “l’immagine è il canale principale attraverso cui i giovani esprimono le loro verità”, l’argomento del suo intervento sono state proprio le forme di disagio adolescenziale legate al corpo, che diventa un nemico, un bersaglio da colpire per motivazioni diverse, legate alla vergogna. I ragazzi non trovano uno spazio di narrazione e di espressione di sé, un canale per esprimere il dolore, cosa invece possibile con un maggior dialogo e spazi d’ascolto in cui possano trovare risposte e figure di riferimento.

In seguito il centro del palco è stato dato a Debora La Pusata, psicologa clinica e pedagogista di ALA Milano Onlus, esperta in tematiche relative all’identità di genere che, lei stessa spiega, sono numerose e racchiudibili tutte sotto un termine ombrello; il termine “transgender”. “Ogni giovane si riconosce nello sguardo dell’altro” e così, se questo è malevolo, lo può portare a sentirsi sbagliato, quando nella realtà non c’è nulla che non vada in lui. Per evitare ciò è fondamentale da un lato il ruolo degli adulti, che devono essere di supporto e non di ostacolo, in grado “di mettersi in gioco” e di “aprire lo sguardo” e, dall’altro, il superamento di bias cognitivi, basati su stereotipi, che la nostra mente segue nel quotidiano. Solo così facendo si possono accettare le persone al nostro fianco, consapevoli che “i modi di essere sono tanti, sono possibili e ognuno deve avere diritto al proprio posto”.

L’ultimo ospite è stato Michele Marangi, media educator e docente dell’Università Cattolica di Milano, esperto in nuove dipendenze, che ha parlato dell’essere adolescenti nell’epoca del digitale: ragazzi pieni di stimoli, in contatto col mondo ma spesso più isolati, dentro un meccanismo di una vera e propria industria. Con l’esempio dei “booktoker”, giovani che online parlano di libri ad altri ragazzi, ha però sottolineato come nei social ci siano anche tanti aspetti positivi. “L’ansia delle famiglie di essere troppo protettivi riguardo a queste tematiche produce una grande fragilità negli adolescenti”. Il suo desiderio è quello che si creino ponti tra le generazioni: “i genitori che sono molto critici nei riguardi di questi strumenti hanno il compito di aiutare i ragazzi a sapere stare in quel mondo. Tutto parte dall’avere fiducia nei giovani, accettando anche che possano sbagliare”.

Quella del Ponchielli è stata una serata piena di emozioni e riflessioni, che tramite gli intermezzi teatrali e gli interventi degli ospiti sono state condivise con tutti i presenti in sala, giovani o adulti che fossero, su tematiche così delicate che riguardano ogni persona da vicino.