di ANDREA BOSELLI- Vedere Cremona e i suoi luoghi iconici senza riconoscerli. Seguire la luce e giocare con l'ombra. Guardare al fascino del dettaglio nella bellezza del complesso: è la mostra "Tratti", prima esposizione del fotografo Paolo Mazzini, fino al 31 luglio al Museo Diocesano

Fotografia. Dal greco photos (“luce”) e graphia (“scrittura”), ovvero “scrittura con la luce”. Luce che siamo abituati a percepire come riflettore che illumina i soggetti, gli oggetti, senza che però si renda protagonista. La lente di Paolo Mazzini pone invece l’elemento della luce al centro di una ricerca dei dettagli, dei tratti che nutrono il dialogo tra i luoghi della cultura della città di Cremona.

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L’inaugurazione della sua prima mostra fotografica, intitolata appunto Tratti e allestita presso il Museo Diocesano, offre l’occasione per conoscere Mazzini e il suo modo di raccontare la città, sempre attraverso la luce. Cremonese classe 1986, laureato in Scienze del Packaging, Paolo Mazzini coltiva da sempre la passione per la macchina fotografica. In qualità di grafico e fotografo presso l’Ufficio Comunicazione della Diocesi di Cremona è dedito alla cura meticolosa della veste grafica dei lavori che gli sono affidati e alla ricerca di scatti che riescano a raccontare l’anima della città, di tutti i suoi soggetti e momenti. 

La mostra nasce dallo stimolo del Maestro Gianmaria Potenza (artista veneziano artefice di importanti interventi nell’ambito dell’adeguamento liturgico della nostra Cattedrale) che, notando la carica di alcuni scatti di Mazzini al nuovo altare del Duomo realizzato proprio da Potenza, gli ha proposto la realizzazione di un album fotografico e in seguito di una mostra vera e propria. Protagonista delle immagini esposte è proprio la luce, come l’artista stesso sottolinea: “La luce si riflette sulle cose e ne esalta le forme, aiuta a valorizzare le geometrie, le profondità, i contrasti. Scegliendo come fare agire la luce si può decidere, ad esempio, di dare importanza a un dettaglio nascosto piuttosto che a un soggetto in primo piano”.

Le fotografie esposte sono unicamente dettagli. Tratti, appunto.”, racconta ancora Mazzini, “Inizialmente la scelta del dettaglio è stata obbligata: quando ho scattato le prime foto in Cattedrale a seguito degli interventi, alcune parti erano nascoste dai lavori ancora in corso. Non potendo fotografare l’insieme ho dovuto per forza stringere le inquadrature e cogliere soltanto dei dettagli. Tratti, appunto”. Tratti che il Maestro Potenza ha apprezzato particolarmente, per la loro efficacia nell’esaltare la ricerca della luce curata dal Maestro stesso nelle sue opere. “Attraverso il dettaglio si possono trasmettere emozioni diverse, strettamente personali, che magari non verrebbero suscitate da un soggetto osservato nel complesso”

“Attraverso il dettaglio si possono trasmettere emozioni diverse, strettamente personali, che magari non verrebbero suscitate da un soggetto osservato nel complesso”

Raccontandoci le mille difficoltà incontrate nella realizzazione della mostra, l’artista sottolinea anche l’importanza del contributo degli altri membri del team nella selezione degli scatti da esporre:  “L’apporto di Valeria Loddo, curatrice della mostra e art director dello studio del Maestro Potenza, ad esempio è stato significativo per la sua capacità di cogliere i soggetti nel loro significato artistico, senza categorizzarli per luogo di appartenenza come viene più spontaneo a noi che quei luoghi li conosciamo. Ragionando sul concept di luce e dettagli ci ha aiutato a mettere in comunicazione le immagini, farle dialogare in un percorso tra i luoghi culturali più significativi della città”. 

Ed è proprio il dialogo segreto tra gli scatti il valore aggiunto di questa esposizione: “Le fotografie devono essere studiate e proposte nell’insieme, nel modo in cui comunicano tra loro, non osservate singolarmente“. Bisogna quindi lasciarsi guidare dai tratti, per cogliere quell’essenziale che, come Saint-Exupéry ci ricorda, è “invisibile agli occhi”. “Quanto lavoro c’è dietro ogni scatto? Spesso in realtà poco: è la post-produzione a richiedere molto lavoro. Non è facile intervenire su luci e colori per valorizzare il soggetto senza trasformarlo in qualcosa di diverso”. L’occhio del fotografo deve però essere abile nel riconoscere il valore artistico di un soggetto, qualunque esso sia. Ecco allora che la fotografia può diventare puro impressionismo: la ricerca di soggetti da immortalare in uno scatto che fissa la luce e l’atmosfera di un istante: un’impressione che ora c’è, più tardi chissà.

Su quale sia il potenziale pubblico della mostra, Mazzini ha ampie prospettive: “Potenzialmente chiunque: dal cremonese che non ha mai saputo cogliere certi tratti nascosti della città, al turista che vuole scoprire dettagli insoliti, conoscere Cremona più a fondo senza limitarsi al selfie davanti al Torrazzo. Per quanto riguarda sogni e prospettive future…stampare qualcosa. Anche solo per me stesso.”, risponde Mazzini con il più genuino dei suoi sorrisi, “Siamo talmente abituati a vivere di digitale che ormai sottovalutiamo le cose, gli oggetti concreti”.